Le misure restrittive prescritte dal Governo per contenere il contagio del Coronavirus ci hanno improvvisamente obbligato a fermarci e, mentre fino a poche settimane fa, eravamo intenti a portare a termine i nostri personali capolavori di equilibrismo sociale, vantandoci dell’improbabile nona arte del multitasking, improvvisamente siamo stati catapultati nella dimensione più scomoda da immaginare per molti di noi occidentali: l’intimità.
Niente di strano, in fondo, come afferma il buon Aristotele siamo tutti animali sociali e, almeno la maggior parte di noi, non è fatta per vivere isolata, da eremita, dal momento che, come pure ricorderemo dal film “Into the Wild”, anche chi ci prova in realtà è costretto ad ammettere di non esserci tagliato.
Ma qui non si sta parlando di asocialità ma di intimità, una dimensione differente che, per molti di noi abituati più ad apparire che ad essere risulta scomoda e può mettere a disagio.
Eppure può essere un bene rallentare, fermarsi o, come si direbbe in una sala fitness, recuperare: immaginiamo di dover recuperare le forze per la più grande maratona di tutti i tempi, quella che serve a macinare distanze abissali, non fra le persone ma tra le persone e il virus COVID – 19.
E’ questa la nostra sfida, come vogliamo viverla?
Potremmo cominciare con l’assaporare la nostra intimità: è il momento di “recuperare” ciò che abbiamo spesso rimandato come, ad esempio, la lettura di un buon libro perché, anche tramite le parole, possiamo scoprire nuovi sentieri inesplorati!
Ce lo insegna ad esempio uno dei più grandi scrittori moderni, Milan Kundera, che dedica un passaggio articolato del suo libro “Ignoranza” al potere delle parole. Prima della multimedialità infatti c’è la multisensorialità: si può dire che grazie alla sua capacità di aprire finestre multiple sia di sensi sia di senso sul mondo il libro è l’installazione multimediale più antica di tutti i tempi.
Come suggeriscono le parole di Kundera una sola parola può essere un passaggio segreto che ci fa riflettere su sensazioni, sentimenti e situazioni umane che spesso diamo per scontate.
Pensiamo alla parola nostalgia nelle diverse lingue: se la pronunciamo come saudade ci verrà in mente il Brasile e lo speciale “sapore” che solo questa terra attraversata da contrasti che si risolvono in magiche alchimie sa darci. A sua volta il sapore nostalgico della terra natià i brasiliani lo hanno respirato per osmosi dai loro colonizzatori portoghesi: immergendoci nella lettura di Jorge Amado, il più grande “cantore” del mood brasiliano immaginiamo di essere in una casa coloniale di Salvador de Bahia, mentre risuona la Bossanova, un genere musicale che ha tradotto nella Città di Dio le sonorità fiere, possenti e drammatiche del fado portoghese.
Il sentimento di nostalgia, di lontananza, di mancanza o, al contrario, desiderio per ciò che abbiamo perso, a seconda della sfumatura diversa che ogni parola assorbe dalla propria specifica cultura linguistica, è espresso da entrambe le forme musicali ma con quali contrastanti cifre sonore?
Solo la parola saudade casualmente scivolata tra le dita veloci nell’intento di finire il nostro libro non può fare a meno di farci inciampare in nuovi pensieri che dilatano il tempo e lo spazio e che remano contro la nostra proverbiale fretta.
Ora che siamo costretti a fermarci, le parole di un libro ci insegnano il piacere di arrestarci, un piacere così totale che non riusciamo a sottrarci e allora scopriamo come il tempo sia prezioso, impariamo a gustare quella nostalgia che dall’Odissea greca di Ulisse alla saudade è un sentimento che ci accomuna tutti e che solo grazie a questa improvvisa, non voluta ma provvidenziale distanza da tutte le cose che davamo per scontate possiamo riassaporare.
Letture consigliate
Milan Kundera
- L’Ignoranza
- L’Insostenibile leggerezza dell’essere
Jorge Amado
- Donna Flor e i suoi due mariti
- I guardiani della notte