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Perché il nuoto è formativo, spiegato da un bambino

Stufi di tante lezioncine e profili psicologici vari abbiamo chiesto direttamente ad un bambino i benefici del nuoto, delle gare, dello sport, perché lo fa sentire bene e cosa impara dal nuoto. Da questa intervista abbiamo capito che i bambini sono perfettamente in grado di spiegarcelo da soli. Mamme se volete sapere perchè è importante il nuoto per la crescita di un bambino, come anche lo sport in generale, leggete questa intervista e capirete.

Si può essere molto maturi anche a 12 anni se è la piscina a fare da tata, se acqua e cloro sono gli elementi più intimi e familiari a cui confidiamo un brutto voto a scuola o una lite con i genitori o una baruffa con i nostri compagni di classe o la paura di non essersi allenati abbastanza per una gara. Cosa pensano i pulcini del nuoto, quelli che a 12 anni ad un occhio “non acquatico” sembrerebbero troppo piccoli per affrontare la pressione della gara mentre è stupefacente constatare il contrario, almeno per Massimo Gualtieri, giovane promessa del nuoto che è cresciuto nuotando a Roma nelle piscine del Forum che, a quanto pare, hanno fatto un ottimo lavoro!

Dunque, mamme, ragazzi e atleti conosciamo insieme il piccolo Massimo perché può essere un esempio per i più piccoli come per i più grandi atleti.

Atleta: Massimo Gualtieri

Età: 12 anni

Stile di nuoto preferito: Delfino

Atleta a cui ti ispiri: Micheal Phelps

La gara più importante: la finale dei regionali estivi di 2 anni fa.

Non ci si sente mai sicuri primi di una gara. Ci sono delle gare in cui senti di esserti allenato abbastanza oppure poco e quindi la pressione è maggiore. Ma pensi sempre a dare il meglio e a raggiungere l’obiettivo, il tempo di gara!

Non ti aspetteresti che sia proprio un bambino di 12 anni, piccolo nuotatore, a nominarti Micheal Phelps, l’ex nuotatore statunitense, considerato il più grande nuotatore di tutti i tempi che con questa generazione tutta social e influencer c’entra poco ma Massimo Gualtieri è tutto quello che non ti aspetti da un bambino di 12 e quanto ti aspetteresti da un piccolo campione in erba, ops no…in spuma di corsia!

In piscina, Massimo Gualtieri nuota dalla tenera età di 6 mesi e poi a 3 anni già faceva scuola nuoto. “All’inizio facevo altri sport, poi pian piano mi sono dedicato solo al nuoto”. Le idee chiare e cristalline che riflettono un’età pura piena di entusiasmo e di istintività: “Quando sei in gara non pensi a niente: nei 100 o 200 metri pensi solo ad andare veloce, pensare a gestire la gara è una cosa che faccio ma che mi viene naturale.” Qualche punto di riferimento, a quanto pare, anche il piccolo Massimo ce l’ha anche se con l’arguzia dei grandi atleti è subito riuscito a distoglierci dai particolari poco entusiasmanti per parlarci del controllo con cui si approccia alla gara. Ma, messo alle strette, confessa che anche i più grandi guardano in basso verso la famosa T del fondale della piscina che è la torre di controllo di ogni nuotatore, da Phelps al nostro piccolo campione.

Ma come gestisce la pressione della gara un bambino di 12 anni, il rapporto con la paura?

Massimo Gualtieri ci dà un grande insegnamento: l’importante per lui è saper gestire il tempo dell’allenamento e il tempo della gara. “Mi accorgo quando non sono pronto per una gara unicamente perché non mi sono allenato abbastanza e mai perché ho paura. Non mi sento mai paralizzato dalla paura.”

Ed ecco che ritorna la maturità e la capacità di saper riconoscere i propri limiti, di un grande atleta, per cui, comunque, “Non ci si sente mai sicuri primi di una gara. Ci sono delle gare in cui puoi sentirti abbastanza allenato oppure poco e quindi la pressione è maggiore. Ma pensi sempre a dare il meglio e a raggiungere l’obiettivo, il tempo di gara. La gara è un modo per migliorare i miei limiti. Ad esempio la finale dei regionali estivi di 2 anni fa per me è stato un momento di crescita nel nuoto perché mi sentivo pronto, che potevo dare il massimo.” E così è stato.

Ma, fuori dalla gara, che cos’è, per un cucciolo del nuoto, la piscina?

“È molto di più di uno sfogo, molto di più di un gioco. E’ una scuola di vita” – senza il brutto della scuola, aggiungo, e lui sorride tenerissimo – “… matura anche il tuo approccio alla vita. Ma è anche una forma di evasione dai pensieri della giornata. Se non vado a nuoto per 4 giorni mi sembra un’eternità: è una valvola di sfogo, sia per quando sono arrabbiato sia per quando ho tanta energia che ho bisogno di scaricare…perchè proprio non riesco a non fare niente.”

Evviva la sincerità propria dei campioni e dei bambini! Probabilmente per quanto ne sappiamo, è proprio così che si diventa un Mr Phelps!

E a 18 anni? Come affrontano i ragazzi le gare e il nuoto?

Leggi cosa ne pensa un altro giovane atleta 

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